L’assistenza alle persone anziane non autosufficienti nella legge delega 33 del 2023

image_pdfimage_print

di Teresa Andreani

1. Il dibattito intorno alla legge

Nel marzo scorso il Parlamento ha approvato la legge 33 del 2023 “Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”. è il primo atto normativo statale in materia di non autosufficienza dopo lunghi anni di confronto e numerose proposte di legge naufragate, in attuazione del quale l’Esecutivo ha recentemente approvato uno schema di decreto legislativo.

Ne è scaturito un dibattito intorno alle opportunità e ai rischi presenti nella legge delega, intervenendo nel quale autorevoli studiose e studiosi hanno recentemente sostenuto che questa comporti uno slittamento responsabilità istituzionali dal settore sanitario a quello sociale e una degradazione del diritto fondamentale all’assistenza sanitaria per le persone anziane non autosufficienti.

2. Prime ragioni di un giudizio positivo

Diversamente, credo che le ragioni di un giudizio positivo sulla legge delega in questione siano numerose e tali da considerarla legge di attuazione di principi costituzionali.

Innanzitutto, è necessario osservare che l’intervento statale ha finalmente spezzato l’inerzia istituzionale che dagli anni Novanta, quando è emerso il problema dell’invecchiamento della popolazione, della crescita e del cambiamento della domanda di cura della popolazione anziana, ha distinto l’ordinamento italiano nello scenario europeo e comparato.

La lunga assenza di una legge statale, capace di sistematizzare e rafforzare questo settore cruciale del sistema di welfare, ha infatti permesso una complessa stratificazione della normativa in materia e l’assestamento dello sviluppo carente dell’offerta pubblica del settore.

Come recentemente evidenziato dalla Ragioneria dello Stato nelle proiezioni sulla crescita progressiva e continua della spesa pubblica per la Long-Term Care entro il 2070, l’assistenza alle persone anziane non autosufficienti è oggi altamente frammentata in una pletora di misure assistenziali, interventi e servizi sanitari, sociosanitari e sociali, governati da numerosi soggetti istituzionali ed erogati attraverso canali di finanziamento diversi.

A mio modo di vedere, il primo merito della legge è allora quello di riconoscere l’autonomia e la specificità di questo cruciale settore del sistema di welfare che impegna una porzione crescente della spesa pubblica e di predisporre nuove soluzioni istituzionali e organizzative, seguendo la direzione tracciata nella letteratura specialistica e dalla società civile organizzata.

In particolare, riconoscendo la natura bio-psico-sociale dei bisogni e introducendo un uniforme strumento di valutazione multidimensionale, il legislatore ha opportunamente inteso la non autosufficienza come la specifica condizione di fragilità clinica della persona anziana, cioè la perdita di autonomia derivante da patologie legate all’invecchiamento, dalla quale scaturisce una condizione di vulnerabilità sociale, ovvero la suscettibilità all’emarginazione e al deterioramento della salute in assenza di forme di cura continuative e integrate.

3. Le principiali innovazioni istituzionali e organizzative

é alla luce della corretta definizione di non autosufficienza che ritengo possa essere apprezzata la centralità del Sistema Nazionale per la Popolazione Anziana nel disegno riformatore. Il Sistema è configurato come uno strumento di coordinamento istituzionale, finalizzato al governo unitario e alla programmazione integrata delle politiche e delle risorse pubbliche per il settore e operante nel rispetto del riparto delle competenze affidate allo Stato e all’INPS, alle Regioni e alle Aziende sanitarie, ai Comuni e agli Ambiti Territoriali Sociali.

Mi sembra inoltre di particolare rilievo la definizione delle funzioni degli Ambiti Territoriali Sociali, la promozione del loro sviluppo sul territorio nazionale e della loro integrazione con i Distretti sanitari. Ciò risponde all’esigenza, già individuata nella legge 328 del 2000, di rafforzare l’infrastruttura del sistema di interventi e servizi sociali e di realizzare il principio dell’integrazione sociosanitaria sul piano istituzionale, gestionale e professionale.

Coerente è anche la scelta del legislatore statale di promuovere l’entrata a regime del Punto Unico di Accesso (PUA), del Piano di Assistenza Individuale (PAI) e del Budget di cura, che dimostra la consapevolezza della frammentazione e del dinamismo delle politiche, delle legislazioni e delle sperimentazioni regionali.

Altrettanto significativa è la previsione di una nuova misura universale, graduata secondo lo specifico bisogno assistenziale ed erogabile, a scelta del beneficiario, sotto forma di trasferimento monetario e di servizi (art. 5, comma 2, lettera a, punto 1). In questo modo, l’intervento statale ha intrapreso l’auspicata direzione del superamento delle criticità dell’indennità di accompagnamento.

4. La questione dell’integrazione tra LEA e LEPS

Considerate tali innovazioni istituzionali e organizzative, resta ora da esaminare il profilo più contestato della legge, quello relativa al rapporto tra Livelli essenziali di Assistenza Sanitaria (LEA) e quelli delle Prestazioni Sociali (LEPS), oggetto delle critiche più recenti.

Le legge delega affida al Comitato Interministeriale per le politiche in favore della popolazione anziana (CIPA), l’articolazione centrale dello SNAA, l’individuazione dei LEPS in un’ottica integrata con i LEA (art. 4, comma 2, lettera e).

Credo si tratti di una impostazione corretta: nel concreto, ciò significa che la ventura definizione dei LEPS per la non autosufficienza, che il legislatore statale ha troppo a lungo rimandato, dovrà essere complementare e coerente con i già previsti LEA.

A mio parere, non trova ancoraggio né alla ratio né al testo della legge l’interpretazione di chi intravede il pericolo di sostituzione delle tutele garantite dai LEA con quelle più deboli previsti dai LEPS e, conseguentemente, di degradazione dello status giuridico della persona anziana non autosufficiente da malato a problema sociale.

Certamente, la legge prevede un rafforzamento del sistema di welfare sociale, ma affinché quest’ultimo possa validamente integrare, e non sostituire, il raggio d’azione della sanità, con l’obiettivo comune di rispondere alla domanda di assistenza continuativa ed integrata per questa specifica condizione di fragilità e vulnerabilità.

A mio avviso, è anacronistica la contrapposizione tra il fondamento universalistico dell’assistenza sanitaria e quello categoriale dell’assistenza sociale, fondata sulla tensione esistente tra l’articolo 32 e l’articolo 38 della Costituzione, peraltro già superata in via interpretativa dal riconoscimento dell’universalismo dei bisogni ad opera della legge 328 del 2000.

Rovesciando la prospettiva, ritengo che una strenua difesa del Servizio sanitario nazionale, e della sua doverosità costituzionale, debba passare anche per il riconoscimento della necessità di rafforzare il sistema di interventi e servizi sociali e l’esigibilità del diritto alla libertà dal bisogno.

In questo senso, credo che la legge delega abbia opportunamente inteso superare in radice gli assiomi della storica competizione tra sanitario e sociale, delineando un rinnovato sistema di principi, di strumenti istituzionali e organizzativi con l’obiettivo di coordinare, rafforzare e integrare l’offerta pubblica per la non autosufficienza.

5. Alcune conclusioni aperte

Se i rischi indicati da taluni interpreti sono presunti, mi sembrano più che mai concreti i pericoli del depotenziamento della legge a causa dell’assenza di finanziamenti nella legge di bilancio per il 2024 e della sua inattuazione a causa della vacillante volontà politica e della difficoltà tecnica di tradurre della legge in ulteriori disposizioni normative. Impressione, questa, che una prima lettura del complesso schema di decreto legislativo sembra confermare.

Sarà allora necessario attendere alcuni mesi per verificare quanto le difficoltà dell’attuazione ridimensioneranno la portata innovativa della legge delega e, in ultima analisi, in che misura le disposizioni attuative perseguiranno la strada della configurazione di un nuovo diritto sociale fondamentale della persona anziana non autosufficiente all’assistenza continuativa e integrata, nel solco tracciato dai principi costituzionali fondamentali personalista, solidarista, pluralista e di uguaglianza sostanziale.

Autore

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Translate »